lavoratore autonomo che lavora al computer

Partita IVA, regime forfettario: tutto quello che devi sapere

Il panorama occupazionale da sempre è costituito da diverse tipologie di lavoratori: dalla forma più comune, ossia i dipendenti (specie statali), a quelli free lance o autonomi soprattutto data la crescente digitalizzazione dell’Italia che hanno fatto nascere tantissimi mestieri, rivoluzionando il mondo del lavoro.

Aumentando, di fatto, il numero di persone che preferiscono lavorare senza un orario prestabilito. In quest’ultimo insieme ritroviamo anche coloro che possiedono una partita IVA, aspetto utile dal punto di vista fiscale e finanziario. Essa definisce il titolare di un dato servizio e per tanto, come dice la definizione stessa, comporta un esborso atto a versare l’IVA allo Stato. Una percentuale di reddito prodotto che nel nostro sistema economico esige un contributo statale. Vediamo però più nel dettaglio una declinazione specifica della partita IVA: ossia quella a regime forfettario. Un regime introdotto e favorito di recente, che comporta agevolazioni e semplificazioni tributarie, ma che al contempo necessita anche del rispetto ed osservazione di determinati requisiti economici a cui attenersi pena l’esclusione.

Come si fa il calcolo delle tasse nel regime forfettario

Spiegata per sommi capi la partita IVA in generale, e come essa sia collegata ad un lavoratore, esaminiamo ora il calcolo delle tasse nel regime forfettario. Prima di tutto occorre dire che chi si qualifica come professionista autonomo con regime forfettario innesca di conseguenza il concetto di reddito imponibile: ovvero la base economica sulla quale si calcolano le imposte (in parole povere i ricavi tassati). Su quest’ultimo vanno dunque calcolate le tasse da pagare allo Stato, dove la cifra da sborsare deriva da una semplice moltiplicazione: reddito annuo x coefficiente di redditività. Tale coefficiente varia a seconda del codice ATECO (la classificazione delle attività economiche dell’Istat per il rilievo statistico) di appartenenza del dato professionista. Nella stragrande maggioranza dei casi è del 78%: da ciò ne consegue che la moltiplicazione precedentemente menzionata sarà del reddito annuale x la cifra uscente dal reddito moltiplicato il 78% che genera il reddito imponibile. Il calcolo delle tasse nel regime forfettario, inoltre, tiene conto dell’imposta sostituiva del 15% (che scende al 5% nei primi 5 anni) e dei contributi da versare (corrispondenti al 26,23% del reddito).

Cosa vuol dire essere in regime forfettario?

Il regime forfettario deriva direttamente dalla legge di stabilità introdotta nel 2015 ed aggiornata nel 2016, legata ai lavoratori di ridotte dimensioni. Nel caso specifico stiamo parlando dei cosiddetti “autonomi”, che in molti casi prevedono l’apertura di una partita IVA. Si tratta di una sorta di agevolazione fiscale per le imposte da versare dai suddetti lavoratori in sostituzione del regime ordinario. Più in generale, il regime forfettario riguarda qualsiasi persona fisica che esercita un’attività d’impresa, una professione artigianale o individuale. Trovarsi in regime forfettario significa dunque usufruire di quelle agevolazioni fiscali non previste solitamente dal regime ordinario legato a tutte le altre categorie di lavoratori (ad esempio i dipendenti con reddito annuo superiore ai 30.000 euro).

Quando si è in regime forfettario?

Rientrano nel regime forfettario tutti quei lavoratori che nell’anno precedente al calcolo dell’imposta hanno raggiunto ricavi non superiori agli 85.000 euro annui. Per ricavi si intendono anche eventuali compensi aggiunti. Tale soglia di reddito è stata innalzata dalla legge di Bilancio del 2023 che di fatto ha aumentato il tetto per l’agevolazione fiscale.

Quali sono i requisiti per il regime forfettario?

Come anticipato già nei paragrafi precedenti, i requisiti per accedere al regime forfettario sono i seguenti: rientrare nel tetto di reddito annuo massimo non superiore agli 85.000 euro; essere in posizione di lavoratore autonomo, dipendente (con soglia di 30.000 euro) e non appartenere ad associazioni o cooperative per cui tale agevolazione fiscale è preclusa.

Come funziona il regime fiscale forfettario?

Il regime fiscale forfettario si basa su un’agevolazione fiscale con imposta ridotta applicabile sul reddito imponibile del 15% (ridotta al 5% nei primi cinque anni). Se ad esempio si percepisce un reddito annuale di 25.000 euro, e si appartiene ad un codice ATECO (interprete o traduttore ex.) per cui il coefficiente di redditività e del 78%, la percentuale d’imposta applicabile è del 15%. Quindi (25.000 x 78%) x15%.

Chi paga l’IVA nel regime forfettario?

L’agevolazione fiscale principale derivante dal regime forfettario risiede nel fatto di non doverla applicare sui propri prodotti o servizi offerti. Quindi si evita di far pagare ai propri clienti la maggiorazione del 22% per ciascuna prestazione fornita. Una semplificazione che non è solo inerente ai termini tributari ma che incide in maniera significativa anche sulla competitività di mercato. Favorisce cosi non solo i lavoratori in questione sul piano tributario, ma ne supporta per certi versi anche il valore all’interno del grande e vastissimo panorama finanziario dei professionisti, dove da sempre i dipendenti o gli statali, per fare degli esempi, godono di privilegi maggiori. Una maggiore uniformità a livello di competizione lavorativa sana, che stimola il mercato accrescendone le potenzialità ed il miglioramento costante nel tempo.

Cosa si può scaricare con il regime forfettario?

Se da un lato l’agevolazione fiscale data dall’aderire al regime forfettario è una manna da cielo per i lavoratori in virtù dei punti sopra indicati, dal punto di vista dello scarico, invece, esso è pressoché nullo. Nessuna spesa o costo di qualsivoglia tipologia può essere detratta in regime forfettario.

Cosa succede dopo 5 anni di regime forfettario?

Il periodo di riferimento di 5 anni incide unicamente sull’aliquota fiscale agevolata che dopo il suddetto periodo passa al 15%. Detto questo, si può usufruire del regime forfettario per tutta la durata della propria attività professionale. La differenza, è bene ribadirlo, superati i cinque anni di adesione, interessa solo ed esclusivamente la percentuale menzionata. L’unica opzione che porta all’esclusione da questo regime fiscale è il non rientrare nei requisiti: dunque superare ad esempio gli 85.000 euro annui di reddito, o non appartenere ad una categoria di lavoratori previsti dalla legge per questo tipo di agevolazione. Come già evidenziato in precedenza, quindi, se ad esempio si fa parte di associazioni o cooperative. Eccezion fatta per queste specifiche caratteristiche, tutte le altre possedute vanno bene per restare all’interno di un regime agevolato ed usufruire per tanto dei vantaggi derivanti dalla sua adesione

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